La Lucania a piedi – dallo Jonio al Tirreno: la lunga marcia “cost to cost” di Nicola D’Imperio

«Un viaggio dallo Jonio al Tirreno, camminando per sentieri e tratturi, un viaggio della conoscenza, della memoria, della magia. La cronaca, spesso, all’improvviso si interrompe e, dai boschi di querce, dalle grotte, dagli angoli bui delle case antiche, si materializza il mondo fantastico della Lucania: briganti, bersaglieri sabaudi, cerberi giganti con gli occhi di fuoco, madonne in groppa agli asini, monacelli, folletti, streghe che recitano formule magiche, serpenti che allattano i bambini, uomini lupo innamorati della luna…La fantasia qui diventa realtà, il passato è ancora presente, palpabile, sonoro».

Con queste parole Lucio Dalla introduceva, il 4 febbraio 2012, presso Palazzo Viceconte a Matera, La Lucania a piedi – dallo Jonio al Tirreno dell’amico Nicola D’Imperio, gastroenterologo di origini lucane ora residente a Bologna, città nella quale è arrivato a diciotto anni, da Matera, per studiare presso la Facoltà di Medicina, e dove ha iniziato la sua carriera di medico giungendo a ricoprire il ruolo di primario nelle più importanti strutture ospedaliere del capoluogo emiliano.

La relazione del cantautore bolognese, presente nella ristampa dell’elegante volume riccamente illustrato, assieme ad altre integrazioni, pubblicato dalla Edizioni Magister, ben descrive l’espressione scritta dell’impresa compiuta nell’agosto del 2010 dal luminare della scienza medica in compagnia di un ristretto gruppi di amici appassionati di trekking: il racconto della lunga marcia, durata 8 giorni, da Terzo Cavone di Scanzano Ionico fino a Maratea, attraversando Craco-Peschiera, Lago di Gannano, Aliano, Galicchio, Montemurro, Moliterno e Lauria, nel quale le riflessioni, le emozioni e i ricordi del dottore Nicola D’Imperio si intrecciano con i racconti tratti dalla tradizione popolare e con alcune poesie di Mario Trufelli, Nicola Filazzola e Michele Adamo.

Un volume che è «un invito – scrive D’Imperio – a coloro che avranno voglia di vivere un’esperienza non comune attraverso il rapporto con la natura e con l’uomo, a intraprendere questo viaggio, anche solo per alcune tappe, seguendo l’itinerario che abbiamo tracciato e descritto […] con l’augurio che sia un’esperienza splendida e irripetibile, come lo è stata per noi».

La Lucania a piedi – dallo Jonio al Tirreno: il racconto di una lunga marcia, durata 8 giorni, da Terzo Cavone fino a Maratea, passando per Craco Peschiera, Aliano, Gallicchio Armento, Montemurro ed altri piccoli comuni della Basilicata, compiuta nell’agosto del 2010. Quando è nata l’idea del progetto e da quali motivazioni prende avvio questa piccola ma affascinante impresa?

«Il progetto è venuto lentamente alla luce, due o tre anni prima della sua realizzazione. Io sono un lucano che, dopo aver conseguito la maturità classica al liceo Duni di Matera, è andato a Bologna per studiare medicina e negli anni sessanta la scuola di medicina di quella città era la più prestigiosa a livello nazionale e una delle migliori a livello europeo. Sono quindi rimasto a Bologna anche dopo la laurea, mi sono specializzato in Gastroenterologia e mi sono appassionato all’endoscopia digestiva e questa passione mi ha portato in giro per il mondo, di cui ho conosciuto molti paesi, spesso rastrellandone a piedi le città, i parchi, le montagne, i deserti. Ma c’era un posto che non conoscevo come avrei voluto: proprio la terra in cui ero nato, nonostante non ne avessi mai perso i contatti. Volevo conoscerla a fondo! Io sono un appassionato di trekking e spesso mi sono avventurato con un piccolo gruppo di amici sull’Appennino tosco-emiliano alla ricerca della natura, della storia, degli aspetti antropologici e culturali. Insieme abbiamo percorso non solo tutte le antiche vie dell’Appennino tra Bologna e Firenze, ma anche i sentieri delle Dolomiti, della via Francigena, del cammino di Santiago, dei monti Lattari nel Salento, dei conventi francescani e benedettini sull’appennino toscano, romagnolo e umbro. Perché non fare la stessa cosa percorrendo la Lucania dallo Jonio al Tirreno?».

Nella nuova edizione de La Lucania a piedi – dallo Jonio al Tirreno, tra le varie integrazioni, è presente la relazione che fece Lucio Dalla, testimonial della presentazione del libro a Matera, il 4 febbraio 2012 presso Palazzo Viceconte. Come e quando sono entrati in contatto Nicola e Lucio?

«Ci siamo conosciuti per motivi che riguardavano la mia professione. Gli feci una gastroscopia perché era stato gastroresecato qualche anno prima da un chirurgo che aveva cercato di fargli del bene. Poi diventammo amici e mi fece conoscere tutti i suoi amici, Luciano Pavarotti, Gianni Morandi, Iscra Menarini, Ron, e me li trascinava, riluttanti, per eseguire delle endoscopie. Ricordo quando feci la gastroscopia a Pavarotti, con Lucio che l’accompagnò per fargli coraggio; per discrezione gliela feci quando in ospedale non c’era nessuno, una domenica al pomeriggio. Dopo l’esame volle accertarsi che le sue corde vocali fossero sempre le stesse e le provò emettendo un lungo gorgheggio che rimbombò per i corridoi deserti. Indimenticabile! Come indimenticabili sono state le serate che ho passato insieme a Lucio da Vito, un’osteria di Bologna frequentata da intellettuali, artisti, musicisti, in compagnia di un solo bicchiere di vino, o da Cesari in via Carbonesi e gli spettacoli che lui mi ha regalato quando organizzavo dei congressi di gastroenterologia. Indimenticabile nel duemila, al teatro delle Terme di Castrocaro, dove io avevo organizzato il congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Gastroenterologia: alla sera, dopo la cena sociale, si esibì da solo sul palcoscenico, l’unico strumento era una tastiera suonata da un suo collaboratore. C’erano cinquecento medici gastroenterologi che venivano da tutta l’Italia, ma era come se fosse nel salotto di casa nostra e cantava i pezzi che il pubblico gli richiedeva ed interagiva con la gente. Alla fine dello spettacolo salii sul palcoscenico per ringraziarlo e abbracciarlo e lui mi disse di stare attento ad avvicinarmi: era letteralmente grondante di sudore! Lo abbracciai lo stesso. Un’altra volta fece uno spettacolo al Palamalaguti di Bologna e mi fece trovare due posti in prima fila. Entrai nel teatro, mi sedetti, il posto alla mia sinistra era vuoto. Si spensero le luci per l’inizio dello spettacolo di Lucio Dalla. In quel momento qualcuno occupò il posto vuoto alla mia sinistra, mi voltai e vidi che era Lucio nascosto sotto una palandrana nera e un cappello nero a falde larghe. Gli feci: – ma Lucio tu non devi essere dall’altra parte? – Dapprima fece finta di non avere sentito, poi, visto che io insistevo, fece: – Sshhh! Vuoi mandare a monte la mia scenografia? – Un attimo dopo un riflettore lo puntò e cominciò a recitare e a cantare seduto lì accanto a me, col pubblico in visibilio. Poi si alzò e lentamente andò sul palcoscenico e cantò “Caruso”. Al termine dello spettacolo andai a trovarlo in camerino e mi chiese: – cosa te ne è parso del mio inizio? – Io gli risposi secco: – mi pare una cazzata! – – Va a farti dare nel c. – Mi rispose lui ancora più secco. E potrei continuare all’infinito con questi episodi che raccontano del grande amico, artista e poeta».

«Queste righe – ha scritto nell’introduzione – sono un invito a coloro che avranno voglia di vivere un’esperienza non comune attraverso il rapporto con la natura e con l’uomo, a intraprendere questo viaggio, anche solo per alcune tappe, seguendo l’itinerario che abbiamo tracciato e descritto». Quali esigenze ha cercato di coniugare, lei e il suo gruppo di amici, durante la preparazione del viaggio?

«Le esigenze che ho dovuto coniugare sono state tante ed è stata la fatica più grande del viaggio, almeno nella fase di preparazione. Innanzitutto cercare di evitare le strade asfaltate percorse da automobili e ricercare le antiche vie i sentieri e le mulattiere che collegavano un tempo i paesi della Lucania, e questo a rischio di perdersi! Ma sempre ritrovando alfine la giusta via. Poi calcolare un percorso intorno ai 30 chilometri al giorno, che equivalgono circa a 6-7 ore di cammino, il percorso giornaliero che facevano anche le legioni romane. Poi scegliere i luoghi più significativi dal punto di vista paesaggistico, naturale, storico, letterario, sia nell’attraversamento che nelle tappe. Infine la possibilità di trovare da dormire e mangiare confortevolmente perché, essendo noi non più giovanissimi e soprattutto molto borghesi, non potevamo certo dormire in tenda o mangiare panini».

Il meridionalista Giustino Fortunato fu un altro camminatore instancabile. Fondatore della Sezione napoletana del Club Alpino, attraversò l’Italia meridionale dal Gran Sasso a Reggio Calabria, stampando le relazioni dei suoi viaggi nel «Bollettino del Club Alpino». Diceva di aver attuato una riforma francescana nelle sue escursioni: aboliti vini e liquori, pasti frugali di pane e uova sode, riposi brevissimi, passo rapido e costante. Lei, cosa consiglierebbe a chi volesse affrontare un viaggio come quello descritto nel suo volume?

«Giustino Fortunato diceva che se vuoi conoscere bene un territorio devi percorrerlo a piedi e lui lo fece e fu un grande. Noi non siamo stati alla sua altezza. La carne ha avuto la meglio sullo spirito, la riforma epicurea ha avuto la meglio su quella francescana. Ma sfido chiunque a rimanere impassibili, dopo una giornata di duro cammino, di fronte ai cavatelli, all’agnello alla brace, ai salumi, ai formaggi, alle verdure, ai fagioli di Sarconi, all’aglianico che alla sera abbiamo immancabilmente trovato presso tutti i posti che ci hanno ospitato. Ma anche questa è stata una gradevole sorpresa e soprattutto i miei amici bolognesi (e Bologna è rinomata per la sua cucina!) hanno mostrato di gradire moltissimo la nostra cucina, che si è rivelata per loro una piacevolissima sorpresa. Noi il viaggio lo abbiamo fatto ai primi di agosto, il primo consiglio è quello di utilizzare al massimo le ore di fresco. Sveglia alle cinque quindi, per partire alle cinque e mezza e godersi il sorgere del sole che, in Lucania, è diverso da qualsiasi altro posto della terra! Provateci e mi crederete! Altro consiglio è portarsi dietro un paio di litri di acqua, alcune bustine di potassio e magnesio, in commercio ce ne sono ormai una infinità (ma attenti a confrontare le quantità di elettroliti contenuti!) e cento grammi di cioccolato fondente almeno all’ottantacinque per cento. In quanto al passo rapido e costante sono d’accordo con Giustino Fortunato così come anche sono d’accordo nel fare soste rare e brevi, per non perdere il ritmo del cammino, per non fare abbassare il livello dell’adrenalina».

Il viaggio descritto nel libro si svolge prevalentemente all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese. È vero che sta preparando un viaggio, sempre a piedi, dalle Piccole Dolomiti Lucane al Pollino?

«Si, il mio sogno ora è fare la traversata della Lucania seguendo la direttrice perpendicolare al primo viaggio, cioè dal Vulture al Pollino. Ho calcolato che ci vogliono circa 10 giorni, è fantastico, spero di trovare qualcuno che mi segua, magari del Club Alpino Italiano di Potenza, di cui farò parte dalla prossima settimana trasferendomi dal CAI di Bologna. Ma il viaggio da noi fatto attraversando a piedi la Lucania e che vorrei continuare questa volta da nord est a sud ovest, è stato e deve continuare ad essere anche conoscenza non solo di questa terra, ma anche della sua storia, dei suoi usi, costumi, tradizioni, magia. E così ho raccolto le storie antiche ascoltate dai vecchi “aedi”, quelle dei briganti, dei monacelli, delle malombre, dei serpenti che allattavano i bambini, delle formule magiche alternative alla medicina ufficiale. Sono sicuro che attraversare la Lucania nell’altro senso mi farà conoscere tante altre storie fantastiche che fanno parte della nostra storia e cultura».

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