Francesca BARRA a ritroso tra i ricordi dei luoghi dell’anima

“Teresa è solo una bambina, ma sa già cosa urlare al vento: «Io non me ne voglio andare». Per nessuna ragione vuole lasciare quella terra di cui conosce ogni particolare: la Basilicata. […] Lì sogna di costruire il suo futuro. E il suo desiderio si è realizzato. Ora invece Caterina, sua nipote, non vede l’ora di lasciare il paesino in cui è cresciuta, dove le tradizioni regnano immutate. […] Caterina sa che quello che le unisce è un legame speciale. Così quando si trasferisce a Roma la cosa più importante che porta con sé è l’agenda in cui la nonna le ha dettato le sue ricette. In un’estate che la ragazza non dimenticherà mai, le ha insegnato a cucinare mentre i ricordi riaffioravano preziosi: la sua infanzia, il suo amore per don Mimì, il suo dono segreto di prevedere il futuro, l’attaccamento alla sua terra. E Caterina inizia a guardare la sua vita con occhi nuovi […] scopre che le radici non sempre impediscono di volare, ma possono essere ali che portano verso cieli inaspettati. E quando il vento della sua Basilicata la richiama, ha molto da dirle. È tornato a soffiare solo per lei. Ma Caterina sa che per ascoltarlo ci vuole coraggio. Il coraggio di seguire i propri sogni.”

Così recita la quarta di copertina di “Verrà il vento e ti parlerà di me” (Garzanti Editore) della scrittrice, giornalista, conduttrice televisiva e radiofonica di origini lucane Francesca Barra.

Un romanzo intenso e delicato sull’importanza dei legami affettivi, della famiglia, delle tradizioni, dal quale emerge con forza un pensiero che l’autrice aveva brillantemente espresso anche attraverso il suo bel documentario “Non me ne voglio andare”, girato in Basilicata: le radici non si perdono. Si possono celare in un angolo dell’anima ma niente potrà mai cancellare i luoghi della giovinezza.

Un romanzo che rivela un’inedita Francesca Barra – c’è tanto dell’autrice nella giovane protagonista del libro: la difficoltà vissuta da studente fuori sede; l’ostinata ambizione di costruirsi una famiglia; la passione per la cucina ereditata dalle nonne – lontana dall’immagine che di lei si potrebbe percepire vedendo i suoi servizi televisivi prodotti per Matrix, o leggendo i suoi libri-inchiesta come “Tutta la vita in un giorno”. Allo sguardo del lettore si presenta una donna, la figlia di Ughetta Coslovi – è a lei che l’autrice dedica il suo libro e la sua vita –, alla quale è mancata molto la sua terra. E “terribilmente” la sua famiglia.

“Verrà il vento e ti parlerà di me”: un romanzo intenso e delicato sull’importanza dei legami affettivi, della famiglia, delle tradizioni, ma anche una grande storia d’amore. Ci racconta com’è nato questo suo ultimo lavoro?

«Stavo trascorrendo le vacanze estive dai miei genitori, in Basilicata. Dopo un intenso anno professionale, avevo bisogno di rigenerarmi nell’unico posto dove sia possibile farlo. Nella casa paterna. Ed ero seduta nel salotto di casa. Tutti dormivano, dopo pranzo. E c’era molto silenzio. Stranamente. Dopo qualche istante ho voluto fortemente che nella mia immaginazione si animasse, come tanti anni fa. Mia madre che correva da una parte all’altra con ingredienti freschi. Le sue amiche, le tate, mia sorella. L’odore della frittata, della conserva. Le uova prese dal contadino e portate delicatamente nel cestino. Le risate, le chiacchiere famigliari. E ho aperto il computer. Dovevo ridare vita ai ricordi. Ai sapori e agli odori della mia infanzia, della mia terra».

In genere, il rapporto affettivo che si stabilisce fra nonni e nipoti ha caratteristiche uniche perché i nonni possono regalare ai nipoti uno dei doni più preziosi della vita: il tempo. Teresa e Caterina, nonna e nipote, vivono una relazione unica, speciale, fatta di complicità, rispetto, ammirazione. È stato così anche per lei?

«Ho dato a mia figlia il nome delle mie due nonne: Emma e Angelina. Bolognese la prima. Calabrese la seconda. Si chiama, quindi, Emmaangelina. Questo fa capire cosa abbiano rappresentato per me. Abbiamo sempre comunicato attraverso il cibo. Più che con le parole. E sono state le prime a raccontarmi delle storie. A farmi appassionare al passato di chi incontrassi. Le prime che mi hanno insegnato qualcosa. Le prime che hanno mostrato generosità, indulgenza, amore smisurato. Nel nostro passato risiede il disegno del nostro futuro».

Caterina, voce narrante del romanzo assieme alla nonna Teresa, riflettendo sul suo futuro, vicino al suo amore, Pietro, in una grande città, ma lontano dalla sua Terra e dai suoi affetti, dice che, “a volte, andare via è la scelta più facile. Perché dove ci sono le origini, dove ci sono le tue radici, solo lì puoi essere davvero te stessa e a volte questo fa paura.” Una riflessione, quella di Caterina, che sancisce il suo passaggio all’età adulta, considerato che all’inizio del racconto il suo desiderio era quello di “tendere lo guardo altrove. Scoprire cosa ci fosse oltre […] essere libera”?

«Andare via apparentemente sembra la scelta più facile. Ma è una ferita che non si rimargina. Forse è doveroso, per mettersi in gioco, scoprirsi, incontrare l’altro e confrontarsi con realtà che non ci appartengono. Ma questo non allevia il peso di essersi distaccati dai nostri legami. Dalla protezione, dal calore, dalle abitudini. Io sono andata via a diciotto anni. Ho cresciuto i miei figli incastrando la vita come fosse un tetris. Mi è mancata molto la mia terra. Terribilmente i miei genitori. Io, come Caterina, sono arrivata per studiare a Roma. Come lei mi sono sentita un pesce fuor d’acqua. Ho raccontato le difficoltà dei fuori sede. Di chi ha tutta la vita davanti e cerca il proprio posto nel mondo».

Dopo “Non me ne voglio andare”, documentario che ha girato nei luoghi cari alla sua memoria, insieme a suo figlio, la Basilicata torna grande protagonista anche nel suo romanzo. L’amore per la sua Terra, che affiora e trasuda da questi suoi lavori, e non solo, è un sentimento che vive serenamente perché immagina in futuro di ritornare in Basilicata, oppure perché sa che ovunque vivrà le sue radici non corrono il rischio di essere scalfite da niente e da nessuno?

«Immagino di tornare, certamente. Aspetto solo il progetto più giusto. Per me e la mia famiglia. Ma la Basilicata è e resterà la mia madeleine».

Nel libro c’è anche un omaggio a Pino Mango che proprio nella sua Policoro è scomparso durante un concerto. Cosa ha pensato delle immagini che hanno mostrato gli ultimi istanti di vita del cantautore lucano: spettacolarizzazione della morte; dovere di cronaca…?

«Ho pensato tante cose, ma solo una era giusta. Quella che ha scritto sua moglie sulla pagina fb. Loro hanno il diritto di pronunciarsi».

“Verrà il vento e ti parlerà di me” è anche un libro sulla cucina: nonna Teresa condivide con la nipote Caterina i suoi piatti migliori, le detta le sue ricette e le insegna come prepararle. E molte di quelle ricette tipiche della tradizione lucana lei le propone al lettore tra un capitolo e un altro. Sembrerebbe che anche lei ami molto la cucina: interessanti proposte gastronomiche con tanto di foto compaiono a volte tra i suoi Tweet e ha anche pubblicato un libro di “Piatti e ricette della mia cucina”. Da chi ha ereditato questa passione?

«Dalle mie nonne. Mi nonna Emma ha 93 anni e ancora stende la sfoglia e prepara i tortellini. Mia madre, mia sorella. Siamo una famiglia di donne che amano cucinare e trasmettono calore e accoglienza attraverso il cibo».

Riguardo al suo prossimo libro ho letto che deve onorare una promessa. È vero?

«Io mi innamoro sempre di una storia all’improvviso. Non garantisco. Per ora però, mi godo ancora questo».

 

 

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